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Bambini di Marjah


3 marzo 2010 - Non sorridono più Najib e Naqib, due fratellini di 5 e 7 anni ricoverati all'ospedale di Emergency di Lashkargah. Le infermiere li coccolano e il giovane papà, Abdul Wali, li copre di baci e carezze. Ma a loro sembra non fare effetto. Sono arrivati qui sabato sera dalla base militare britannica di Camp Bastion: il più grande con il piede sinistro maciullato e una brutta ferita al braccio destro, il più piccolo con decine di schegge infilzate ovunque. Tutti e due ancora sotto shock per il dolore, lo spavento e il trauma di aver visto morire, davanti ai loro occhi, i due loro fratelli poco più grandi, Sadiq e Asrat, di 8 e 9 anni. Colpa di un razzo americano caduto per errore nel cortile della loro casa, a Marjah...

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Bambini di Marjah

Enrico Piovesana

bambinimarjah24102.jpg

3 marzo 2010

All'ospedale di Emergency a Lashkargah sono arrivati due fratellini di 5 e 7 anni, feriti dall'esplosione di un razzo americano che ha ucciso altri due loro fratelli, di 8 e 9 anni. La testimonianza del padre raccolta dal nostro inviato

Non sorridono più Najib e Naqib, due fratellini di 5 e 7 anni ricoverati all'ospedale di Emergency di Lashkargah. Le infermiere li coccolano e il giovane papà, Abdul Wali, li copre di baci e carezze. Ma a loro sembra non fare effetto.

Sono arrivati qui sabato sera dalla base militare britannica di Camp Bastion: il più grande con il piede sinistro maciullato e una brutta ferita al braccio destro, il più piccolo con decine di schegge infilzate ovunque. Tutti e due ancora sotto shock per il dolore, lo spavento e il trauma di aver visto morire, davanti ai loro occhi, i due loro fratelli poco più grandi, Sadiq e Asrat, di 8 e 9 anni. Colpa di un razzo americano caduto per errore nel cortile della loro casa, a Marjah.

Il padre, Abdul, è distrutto. L'infermiere capo dell'ospedale, Matteo Dall'Aira, racconta che quando gli hanno detto che avrebbero dovuto amputare la gamba di Najib sotto il ginocchio, il padre si è disperato, non voleva: ha chiesto al suo bambino di provare a muovere quello che rimaneva del piede distrutto dall'esplosione, ma si è dovuto arrendere all'evidenza.
Oggi Abdul, 35 anni, bracciante e vedovo da tre anni, è tornato a trovare i suoi figli. Ha portato loro una busta rosa piena di biscotti e succi di frutta. Seduto in mezzo ai loro due letti, li guarda trattenendo a stento le lacrime.

"Quando sono scoppiati i combattimenti, con le pallottole che colpivano i muri di casa e i bambini che piangevano per i rumori che sentivano, ho deciso di portare via da Marjah i miei sei figli", racconta Abdul, spiegando di avere anche una bambina di 6 anni e un bambino di 11, che per fortuna sono ancora vivi e incolumi.

"Dopo alcuni giorni, quando ci hanno detto che la situazione in città era tornata tranquilla, siamo tornati. In effetti era tutto calmo, o almeno così sembrava. Un paio di giorni dopo, i miei figli erano in cortile a giocare, quando c'è stata l'esplosione".
Abdul chiude gli occhi e si interrompe, come se non ce la facesse a raccontare quello che ha visto e vissuto dopo quel momento. Poi guarda i suoi bambini e riprende a parlare.

"Sono arrivati dei soldati americani. Hanno raccolto i frammenti del razzo, ammettendo che era roba loro. Hanno scattato delle foto ai miei due bambini morti, Sadiqullah e Asratullah e poi hanno portato via Najibullah e Naqibullh, caricandoli su un elicottero. Mi hanno detto che li portavano all'ospedale militare di Camp Bastion. Non hanno aggiunto altro".

Chiediamo ad Abdul se nei giorni successivi i militari Usa non siano tornati, magari per offrirgli un risarcimento come di solito avviene in questi casi.
"Sì, i soldati americani si sono ripresentati due giorni fa, dicendo che l'incidente è stato causato da un razzo americano inesploso che i miei figli avevano raccolto per giocarci, e che poi sarebbe scoppiato. Io non lo so, non ho visto come sono andate le cose: mio figlio maggiore mi ha detto che loro non avevano raccolto nessun razzo. Io so solo che i miei figli sono morti per colpa degli americani".

Abdul non aggiunge altro e torna ad accarezzare i suoi bambini.

 

Lashkargah, 3 marzo
L'infermiere capo dellìospedale di Emergency, Matteo Dell'Aira, racconta di come ha passato la notte il piccolo Naquibullah, il bimbo cui hanno amputato una gamba, e il fratellino. Una notte di incubi...

Naquibullah, il bimbo di sette anni che è arrivato da noi il 27 febbraio ed ha già subito l’amputazione di una gamba, è nel suo lettino del reparto pediatrico e di fronte ha il suo fratellino che lo guarda in continuazione.

Sono quattro notti che si sveglia di soprassalto, madido di sudore, urlando.

E appena lo fa, il suo fratellino Najibullah si mette a piangere come un matto.

E’ la quarta mattina che si sveglia in un letto pulito, coccolato e curato da personale medico preparato, in un ambiente 'sereno’ e luminoso, dove può permettersi di non avere paura della guerra.

Nemmeno i biscotti riescono a farlo sorridere, nemmeno un pezzetto di cioccolato riesce a fargli passare gli incubi.

La bambina sua vicina di letto, con un occhio solo, gli rimbocca le lenzuola non appena lo vede fissare la sua gamba sinistra che non c’è più.

Speriamo che con il tempo, riesca a rimuovere del tutto questa orribile esperienza.


:: Article nr. s10686 sent on 04-mar-2010 00:27 ECT

www.uruknet.info?p=s10686

Link: it.peacereporter.net/articolo/20520/Bambini+di+Marjah



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