1 ottobre 2009
Nel 1846, Henry David Thoreau passò una notte in prigione perché aveva rifiutato di pagare le tasse. Era il suo modo di protestare contro la guerra di conquista condotta in Messico e contro la schiavitù. Qualche anno più tardi, Thoreau pubblicò un saggio intitolato « Disobbedienza civile » che fu letto da milioni di persone, tra cui palestinesi e israeliani.
Kobi Snitz ha letto il libro. Lui è un anarchico israeliano che sconta attualmente in prigione una pena di 20 giorni per essersi rifiutato di pagare un’ammenda di 2000 shekels.
Snitz, 38 anni, è stato arrestato nel 2004 con altri militanti nel piccolo villaggio plaestinese di Kharbatha mentre tentava di impedire la demolizione della casa di un membro importante del comitato del popolo locale. Questa demolizione, apparentemente, voleva intimidire e punire un dirigente locale che, proprio due settimane prima, aveva organizzato delle manifestazioni contro il Muro. Le manifestazioni e il tentativo di impedire la demolizione della casa sono atti di disobbedienza civile.
In una lettera indirizzata a un amico, Snitz scrive : « Io e coloro che con me sono stati arrestati sono colpevoli di opporsi ai crimini che commette Israele ». Snitz spiega che pagare l’ammenda, è riconoscere la sua colpevolezza e questo è degradante. Poi conclude la sua lettera affermando che la sua punizione non è niente a confronto delle sanzioni inflitte agli adolescenti palestinesi che lottano contro l’occupazione. Questi ragazzi di 13, 14, 15 o 16 anni, dice, sono spesso detenuti per una ventina di giorni prima dell’inizio delle procedure legali.
E Snitz non esagera affatto.
In un rapporto recente, l’organizzazione umanitaria palestinese contro il Muro « Stop the Wall ! » e « Addameer » (per mettere fine alla Detenzione Amministrativa, NDT) evocano le forme di repressione che Israele mette in atto contro i villaggi che resistono. Le due associazioni dimostrano che quando un villaggio decide di lottare contro il Muro di annessione, la punizione si estende a tutti i villaggi. Oltre alla demolizione delle case, altre disposizioni come il coprifuoco mirano a restringere i movimenti dei palestinesi. L’esercito israeliano utilizza costantemente la violenza contro i contestatori soprattutto se giovani, picchiandoli, colpendoli con granate lacrimogene o armi letali. Dal 2004, 19 persone, di cui la metà bambini, sonno stati uccisi nel corso delle manifestazioni contro il Muro di annessione. Queste associazioni umanitarie ricordano che in quattro villaggi palestinesi - Bil’in, Ni’ lin, Ma’sara e Jayyous - 1566 palestinesi sono stati feriti durante le manifestazioni. In soli 4 villaggi, 176 palestinesi, soprattutto giovani e giovanissimi sono stati arrestati per aver manifestato contro il Muro. Il bilancio dei feriti e di coloro che sono stati arrestati è senza alcun dubbio più pesante se si considera che si parla di pochi villaggi : la proporzione è molto grande.
Ogni caso ha un nome e una storia, come, per esempio, l’arresto di Mohammed Amar Hussan Nofal, 16 anni, incarcerato con 65 altre persone del suo villaggio, Jayyous, il 18 febbraio 2009. Dopo la sua testimonianza, ha subito due ore e mezzo di interrogatorio nella scuola del suo villaggio.
« Mi hanno chiesto se avevo partecipato a delle manifestazioni, ma ho tentato di negare. Allora mi hanno chiesto perché avessi lanciato una Molotov contro di loro. Gli ho detto la verità, cioè che non l’avevo mai fatto. I miei genitori erano lì e hanno visto che non ho lanciato nulla. Lo possono confermare »
Dopo essere stato picchiato per aver rifiutato di farsi una foto segnaletica provvista di codice numerico e testo in ebraico, Nofal è stato inviato Kedumim dove è stato interrogato per molte ore.
Nel corso dell’interrogatorio, il capitano Faisal (lo pseudonimo di un agente dei servizi segreti) ha cercato di recrutarlo come collaboratore.
« Il capitano ha minacciato di arrestare i miei genitori e tutta la mia famiglia se non avessi collaborato. Ho risposto che poteva arrestarli se voleva, ma che sarebbe molto peggio se io fossi diventato collaboratore. E lui mi ha risposto che poteva togliere ai miei familiari i permessi per raccogliere le olive ».
Il solo crimine commesso da Nofal è stato di protestare contro l’espropriazione delle sue terre. Ha passato tre mesi in prigione e alla sua famiglia sono state tolte le autorizzazioni per lavorare in Israele. Confrontato con ciò che subiscono Nofal e migliaia di altri palestinesi, la pena di Kobi Snitz è certamente più leggera. Ma il suo gesto ha valore simbolico, non solo per la solidarietà con i suoi compagni palestinesi, ma anche perché, come migliaia di palestinesi, ha scelto di seguire l’esempio di Henry David Thoreau e di commettere degli atti di disobbedienza civile per sottolineare la sua opposizione alla politica immorale di Israele e all’oppressione di un popolo.
Il problema, è che il mondo fuori non è al corrente di questi atti di resistenza. Se si cerca su Google : « Palestinian violence », si hanno 86.000 risultati, mentre ce ne sono solo 47 per le parole chiave : « Palestinian civil disobedience » – anche se sono molti anni che i palestinesi compiono atti di disobbedienza contro l’occupazione israeliana.
Thoreau sarebbe, io penso, fiero di Nofal, di Snitz e dei loro compagni di lotta. E’ importante che i media e la comunità internazionale riconoscano ugualmente il loro eroismo.
Neve Gordon insegna Scienze Politiche all’Università Ben Gourion in Israele. Ha scritto "Israel’s Occupation". Contatto nevegordon@gmail.com.
Articolo originale:
http://dissidentvoice.org/2009/09/on-palestinian-civil-disob
edience/