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Notizie dall'Iraq occupato, 17 settembre 2009



  • Fallujah: lancia le scarpe contro una pattuglia USA, ucciso

  • Muntazer al Zaidi in Grecia per cure mediche

  • Attentato a Tal Afar, vittime

  • Biden in missione a Baghdad, all’insegna delle "pressioni"

  • Iraq-Siria: incontro a Istanbul per allentare le tensioni



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Notizie dall'Iraq occupato, 17 settembre 2009

Agenzie



Fallujah: lancia le scarpe contro una pattuglia USA, ucciso

Falluja. Una pattuglia di soldati statunitensi ha ucciso ieri un uomo che aveva lanciato loro le proprie scarpe. L'emulo del ben più famoso Muntazer al Zeidy soffriva secondo gli abitanti di disturbi mentali, aveva imprecato contro la pattuglia prima di tentare il lancio delle scarpe. L'esercito statunitense ha specificato che i suoi soldati hanno aperto il fuoco perché credevano che l'uomo gli stesse lanciando contro una bomba. Ahmed Latif, questo il nome della vittima trentaduenne, è stato ucciso dai colpi d'arma da fuoco della pattuglia proprio mentre stava lanciando contro di loro le proprie scarpe.




Muntazer al Zaidi in Grecia per cure mediche

Atene, 17 set. - (Adnkronos/Dpa) - Muntazer al Zaidi, il giornalista iracheno che nel dicembre scorso lancio' due scarpe all'allora presidente americano George W. Bush in visita a Baghdad, sarebbe arrivato in Grecia per una serie di cure mediche. Lo scrive la stampa di Atene, a due giorni dal rilascio del giornalista dopo nove mesi di carcere per quel gesto che ne ha fatto un eroe nel mondo arabo. Secondo i giornali greci, che citano un cugino, al-Zaidi - che ha denunciato di essere stato torturato in carcere - e' arrivato ad Atene ieri sera, dopo una tappa a Damasco a bordo di un volo privato. Condannato inizialmente a tre anni di prigione, il giornalista e' stato rilasciato due giorni fa per buona condotta.




Attentato a Tal Afar, vittime

Tre persone sono morte e altre sei sono rimaste ferite per l'esplosione di uan bomba a Tal Afar.





Biden in missione a Baghdad, all’insegna delle "pressioni"

di Ornella Sangiovanni
Osservatorio Iraq, 17 settembre 2009

Fare "pressioni" sui leader iracheni. Questo, stando ai resoconti che circolano, l’obiettivo chiaro della visita del vice presidente Usa Joe Biden a Baghdad, la terza dagli inizi dell'anno, e la seconda in due mesi.

Accolto da lanci di missili contro la Green Zone, la tuttora blindatissima parte della capitale irachena nella quale si trova anche l’enorme complesso dell’ambasciata americana (dove Biden alloggiava), il vice di Obama ha incontrato i vertici di Baghdad, a cominciare dal premier Nuri al Maliki, con un messaggio: sbrigatevi.

A fare cosa? Innanzitutto, ad approvare la legge elettorale con cui si dovrà votare a metà gennaio per il rinnovo del Parlamento. E poi, il prossimo round di gare d’appalto petrolifere, previsto entro fine anno: fate in modo che sia più favorevole alle compagnie straniere intenzionate a investire.

Non è chiaro se negli incontri si sia parlato di legge sul petrolio e sul gas. Secondo alcune fonti, l’argomento non sarebbe stato affrontato, o, perlomeno, non ci sarebbero state pressioni da parte di Washington -  dove capiscono che, se non se ne è fatto nulla finora (il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2007 è fermo in Parlamento, e non ci sono segni di progressi), è impensabile che ci siano sviluppi con le elezioni politiche che si avvicinano.

Altre fonti sostengono invece che Biden avrebbe spinto per una approvazione rapida della legge, "che è nell’interesse del Paese".

Incoraggiare gli investimenti stranieri, preoccupazioni per il referendum sul SOFA

Petrolio a parte, quello degli investimenti stranieri è stato un tema centrale nell’agenda del vice presidente Usa: a detta di "un alto funzionario dell’Amministrazione" citato dal Washington Post, fra le questioni discusse da Biden con i leader iracheni ci sarebbe la necessità che il Parlamento approvi leggi più favorevoli a quanti vorrebbero andare a fare affari in Iraq.

Altra preoccupazione di Washington: l’eventuale referendum popolare sull’"accordo di sicurezza" firmato fra Iraq e Stati Uniti a fine 2008 (il cosiddetto SOFA), che potrebbe costringere gli americani a ritirare tutte le loro truppe con un bel po’ di anticipo sulla data prevista – il 31 dicembre 2011.

Di recente, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge per l’attuazione del referendum, e sembra che il premier Maliki sia favorevole.

Biden avrebbe espresso le preoccupazioni americane nel corso dei suoi colloqui con i leader iracheni, però, sempre secondo "un alto funzionario dell’Amministrazione", in genere "in modalità di ascolto", per evitare di dare l’impressione di interferire in una questione interna irachena, per di più assai delicata – con il rischio di peggiorare la situazione.

Un altro tema centrale, che il vice presidente Usa avrebbe affrontato in tutti i suoi incontri con i vertici di Baghdad, sarebbe quello della legge elettorale.

Stando alle fonti del Washington Post, oggetto di particolari pressioni sarebbe stato il presidente del Parlamento, Iyad al Samarrai’e, perché è lì che ora deve essere approvato il disegno di legge che da poco ha avuto il via libera del Consiglio dei ministri. E gli inizi non sono incoraggianti.

Sulla questione degli investimenti stranieri, che sta molto a cuore agli Stati Uniti (e non da adesso), sia Biden che Maliki, incontrando insieme i giornalisti dopo il loro colloquio, hanno espresso la speranza che la conferenza sugli investimenti in Iraq che dovrebbe tenersi a Washington il 20 e 21 ottobre incoraggi le imprese statunitensi a investire nel Paese.

Su questo però il vice presidente Usa sarebbe stato chiaro con i leader di Baghdad: dovete approvare garanzie normative e finanziarie perché gli stranieri siano incoraggiati a investire. E intanto cominciamo dal prossimo round di gare petrolifere: questa volta non fate come a giugno, siate più generosi con le compagnie straniere.

Missili contro la Green Zone: messaggio per Obama

A disturbare il soggiorno iracheno di Biden, attacchi di missili contro la Green Zone per due giorni di seguito: martedì, dopo che il vice presidente Usa aveva appena incontrato l’ambasciatore Christopher Hill e il comandante in capo delle truppe, generale Ray Odierno. Bilancio: due morti e cinque feriti - iracheni.

Ieri c’è stato il bis, circa 10 minuti dopo che Biden e Maliki avevano concluso la loro conferenza stampa, ed erano insieme per la cena che rompe il digiuno del mese di Ramadan: stavolta un morto e due feriti (sempre iracheni), dalla parte opposta del fiume Tigri.

In entrambi i casi, i missili sarebbero caduti vicinissimi alla nuova ambasciata americana - la seconda volta in particolare sui limiti dell’enorme complesso, provocando diversi feriti fra i dipendenti di una "compagnia di sicurezza", secondo il ministero degli Interni iracheno.

Il primo attacco ha avuto una rivendicazione: l’"Esercito dei Mujahidin", una formazione della resistenza, che in un comunicato riferito da SITE (un centro con sede negli Stati Uniti che si occupa di monitorare entità "terroriste" internazionali) lo avrebbe definito un messaggio per Biden da trasmettere al presidente Obama: ritiratevi dall’Iraq.

E, a proposito di messaggi da trasmettere, il vice presidente Usa oggi si trasferisce a nord, nella regione autonoma del Kurdistan – la volta scorsa non era riuscito ad andarci, bloccato a Baghdad da una fortissima tempesta di sabbia, e parlare con i leader kurdi è quanto mai urgente: la situazione con il governo Maliki (e con gli arabi in generale, soprattutto nel nord) si fa sempre più tesa, e, anche qui, ci vogliono "pressioni".

Se non vanno a buon fine quelle di Washington, non si sa davvero chi può riuscirci.


Fonti: Washington Post, New York Times, Reuters, Agence France Presse, Associated Press




Iraq-Siria: incontro a Istanbul per allentare le tensioni

Ankara – I capi delle diplomazie di Siria ed Iraq, Walid Mouallem e Hoshyar Zebari, si sono incontrati oggi ad Istanbul sotto l’egida della Turchia e della Lega Araba per cercare di allentare le tensioni che nelle ultime settimane hanno caratterizzato i rapporti fra Baghdad e Damasco. Le relazioni tra i due Paesi si sono deteriorate dopo i due attentati che il 19 agosto hanno fatto 95 morti e circa 600 feriti nella capitale irachena. Alla riunione hanno preso parte il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ed il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa. In apertura dell’incontro a quattro, come riferisce l’agenzia Anadolu, Davutoglu si è felicitato per la volontà (di Siria e Iraq) di collaborare per far luce sui barbari attentati commessi contro il popolo e la nazione dell’Iraq¯.






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www.uruknet.info?p=s10529



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